Nel corso della storia registrata, nessuna orca selvatica ha mai ucciso un essere umano, nonostante siano capaci di uccidere persino un grande squalo bianco. Tuttavia, in cattività, quattro persone hanno perso la vita in incidenti legati alle orche.
Le vittime – Keltie Byrne, Daniel Dukes, Alexis Martinez e Dawn Brancheau – non dovevano morire, e le loro tragiche morti non sono colpa loro, ma di un’industria e di un sistema che mette a rischio la vita umana e il benessere degli animali.
Queste morti, purtroppo, evidenziano il pericolo rappresentato dalla cattività per questi enormi e intelligenti predatori marini. Gli addestratori lavorano a stretto contatto con animali grandi e a volte imprevedibili, il che crea situazioni potenzialmente mortali. Se un’orca decidesse di attaccare, le conseguenze potrebbero essere fatali.
Keto, ad esempio, ha già ucciso un addestratore, e orche come Tekoa, Orkid, Shouka e Ikaika hanno mostrato comportamenti aggressivi, causando gravi ferite ai loro addestratori. Un raro attacco da parte di un’orca selvatica avvenne nel 1972, quando un surfista a Point Sur, in California, fu morso a una gamba. L’orca, probabilmente confondendolo con un leone marino, lo lasciò andare dopo essersi accorta dell’errore.
Questo incidente, tuttavia, rimane un’eccezione piuttosto che la norma.
Le orche in cattività possono sviluppare comportamenti aggressivi a causa dello stress situazionale, della frustrazione accumulata e della psicosi. Ogni orca in cattività ha il potenziale di uccidere un essere umano, ma la maggior parte non lo ha mai fatto (possono persino affondare le navi). È fondamentale comprendere che queste tragedie non sono inevitabili, ma sono il risultato di condizioni innaturali e stressanti in cui vengono tenute queste creature.
Lo stesso vale per gli squali, che fanno meno morti dei selfie all’anno.