Una tragedia non ancora chiarita. Così Paolo De Chiesa, ex sciatore della Valanga Azzurra, commenta la morte di Matilde Lorenzi, avvenuta sulla pista di Granwand in Alto Adige. Il 28 ottobre, la diciannovenne sciatrice torinese ha subito una caduta su una pista che De Chiesa descrive come piena di “lati oscuri”. Nonostante i buoni risultati in gare professionistiche, Matilde è stata trasportata d’urgenza all’ospedale di Bolzano, dove è deceduta il giorno seguente. La procura di Bolzano, dopo le indagini, ha autorizzato la sepoltura, dichiarando che non c’erano responsabilità penali. I funerali si sono tenuti il 31 ottobre.
De Chiesa critica la rapidità con cui il caso è stato chiuso, definendola sospetta e segnata da silenzi inquietanti. Secondo lui, Matilde si trovava vicino al bordo della pista, dove la battitura dei gatti delle nevi ha creato un brusco scalino che l’ha spinta in un volo mortale, atterrando su terreno duro come il cemento. De Chiesa mette in discussione la sicurezza della pista, affermando che la sua vicinanza al bordo fosse legata a un sistema che incoraggia un elevato numero di sciatori sul ghiacciaio.
Inoltre, De Chiesa chiede perché non sia stata disposta un’autopsia per chiarire la dinamica dell’incidente. Loro sostengono che Matilde abbia riportato gravi lesioni cadendo di faccia, ma De Chiesa sottolinea l’assenza di prove mediche per avvalorare tale teoria. Rifiutando l’ipotesi della semplice caduta, De Chiesa evidenzia che lesioni così gravi sono più plausibili in caso di impatto con un ostacolo, ipotizzando che Matilde sia stata sbalzata almeno due o tre metri fuori pista.
Le sue dichiarazioni chiedono maggiore attenzione e chiarezza su un evento tragico che ha colpito non solo la comunità sportiva, ma anche l’opinione pubblica, la quale merita di conoscere i veri motivi di un incidente così fatale.