I terremoti spostano anche le montagne. Questo è ciò che si può dedurre dalle recenti dichiarazioni del presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, riguardo alla necessità di riformare il freno al debito in Germania. Attualmente, questa regola costituzionale limita il deficit di bilancio a un massimo dello 0,35%. Nagel sostiene che regole di bilancio meno rigide sarebbero utili per affrontare le sfide strutturali, come l’aumento delle spese per la difesa e il rinnovamento delle infrastrutture, sottolineando che l’economia tedesca sta affrontando prospettive “complicate” e “deboli”.
Le difficoltà dell’economia tedesca sono accentuate dalla crisi nel settore automobilistico, che sta minando la coesione sociale del Paese. Le minacce da parte di case automobilistiche come Volkswagen di chiudere alcuni impianti hanno creato allarmismo nel panorama politico e sociale, mentre le problematiche legate all’energia russa e la crescente complessità del mercato cinese pongono interrogativi sulla sostenibilità del modello economico tedesco, tradizionalmente basato sulle esportazioni. Inoltre, ci si attende l’introduzione di dazi da parte di Donald Trump, che potrebbe rappresentare un ulteriore colpo.
Il consenso verso i partiti di governo sta diminuendo, a favore dei democristiani in opposizione e del partito Afd, con tendenze neo-naziste. Friedrich Merz, leader dell’Unione Cristiano-Democratica e candidato alla cancelleria alle prossime elezioni, ha già aperto alla possibilità di riformare il freno al debito, un cambiamento significativo rispetto al passato. Fino a poco tempo fa, un’idea simile sarebbe stata inaccettabile, considerando che l’economia tedesca ha smesso di crescere dalla seconda metà del 2021.
Anche Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, ha sostenuto la proposta di riforma del freno al debito durante un’audizione al Parlamento europeo. Lagarde ha addirittura auspicato un’unione fiscale nell’eurozona, un concetto che fino a poco tempo fa era avversato dai falchi e dai rigoristi. Ha detto che l’adozione di un’unione fiscale rappresenterebbe un miglioramento, sottolineando possibili strumenti, come gli eurobond o una capacità fiscale rinforzata, per supportare una maggiore integrazione economica e completare l’unione monetaria. Questo programma riflette le idee sostenute anche da Mario Draghi, figura chiave nell’architettura economica europea.