È una donna, è italiana, ed è il più giovane presidente che la International Menopause Society (IMS) abbia mai avuto dal 1978, anno della sua istituzione. Lei è Rossella Nappi, professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università di Pavia e responsabile dell’unità ostetrico-ginecologica del Policlinico S. Matteo, ed il prossimo ottobre a Lisbona durante il 18° Congresso IMS la sua nuova carica sarà ufficializzata. Un segnale forte che proietta l’Italia in prima linea nello studio della menopausa come fenomeno bio-psico-sociale, un tema che Sanità Informazione ha affrontato proprio con la professoressa Nappi.

Possiamo definire la menopausa come fase fisiologica o come condizione invalidante?

«La menopausa non è una malattia di per sé. Tuttavia, nel nostro Paese, di pari passo con l’allungamento della longevità femminile stiamo assistendo ad un peggioramento della qualità della vita e ad un aumento della disabilità correlata alla menopausa. Sappiamo di non poter ridurre o banalizzare il fenomeno riferendoci solo a disturbi come le vampate di calore o la secchezza vaginale. Il nostro obiettivo primario, relativamente alle politiche sanitarie da mettere in campo, è identificare le donne che necessitano di strategie preventive per far sì che questa aumentata longevità sia di qualità, sia per le donne stesse sia da un punto di vista di costi sociali. Una terza età vissuta in modo sano, è bene ricordare, può rappresentare un importante momento di riscoperta di sé che porta ad una gratificazione e offre ancora un importante contributo per la società e le generazioni future».

Quali sono le principali difficoltà che una donna deve affrontare in menopausa?

«Per una donna su 10 la menopausa configura una reale situazione patologica, specialmente nei casi in cui sopraggiunga anticipatamente, intorno ai 40-45 anni. Oggi le donne, per tutta una serie di ragioni, hanno tendenzialmente spostato sempre più in là negli anni un eventuale progetto di maternità. Incrociando questo dato con quello per il quale 1 donna su 100 va in menopausa prima dei 40 anni, e che la fertilità si perde circa cinque anni prima dell’ultimo ciclo mestruale, scopriamo che un campione significativo di popolazione femminile cercherà la prima gravidanza quando biologicamente non le sarà più possibile ottenerla. Quindi, oltre all’aumento del rischio di incorrere in problemi di natura ossea e cardiovascolare, tipici della menopausa, si aggiungerà un carico emotivo e psicologico non indifferente che si incardina su alcuni dei pilastri fondamentali dell’identità femminile: la maternità e il concetto di aging applicato all’estetica».

Su quali aspetti è particolarmente opportuno aumentare la consapevolezza?

«C’è un tema molto importante, attualmente trattato nei paesi anglosassoni, con cui dovremo presto fare i conti anche noi: il fatto che la donna in menopausa, soprattutto in presenza di più sintomi ad essa correlati quali vampate, insonnia o variazioni del tono d’umore, può accusare un calo delle capacità cognitive e mnemoniche, il cosiddetto brain fog, cervello annebbiato. Questo può essere un ostacolo importante oltre che dar luogo a uno stigma sociale, soprattutto se pensiamo che oggi le donne tendono a raggiungere i punti più alti di affermazione professionale proprio nella fascia d’età caratterizzata dalla menopausa».

Come è possibile intervenire per minimizzare l’impatto della menopausa?

«Sani stili di vita e un’alimentazione controllata sono di grande aiuto, ma le donne devono sapere che è possibile, laddove necessario, intervenire farmacologicamente per contrastare le manifestazioni patologiche della menopausa. È chiaro che, trattandosi per lo più di terapie ormonali, alla loro base deve esserci una attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio. E in questa pianificazione dobbiamo considerare un altro dato molto importante emerso da numerosi studi: il sintomo più tipico della menopausa, le vampate di calore, sono associate in maniera direttamente proporzionale alla loro frequenza e intensità ad un aumento dell’incidenza di patologie metaboliche (diabete) e cardiovascolari (scompenso cardiaco e ictus). Per questo motivo è importante trattare il sintomo, che di per sé non è patologico, ma può essere precursore di problemi più seri».

 



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