L’industria dell’arte italiana ha generato nel 2023 un giro d’affari diretto di 1,36 miliardi di euro, ma sta affrontando una preoccupante contrazione. Le 1.618 gallerie e i 1.637 antiquari attivi hanno visto diminuire sia il numero che il fatturato, principalmente a causa dell’aumento dei costi operativi e di un sistema fiscale sfavorevole, con un’aliquota IVA del 22%, la più alta in Europa. Il Rapporto “Arte: il valore dell’industria in Italia”, presentato a Roma, evidenzia come il regime fiscale italiano sia un limite attuale allo sviluppo del settore. A confronto, la Francia applicherà dal 2025 una tassa ridotta del 5,5% su tutte le transazioni artistiche, mentre la Germania ha ridotto la propria aliquota al 7%.
Queste disparità fiscali costringono gli operatori italiani a ridurre i margini per rimanere competitivi e spingono i giovani artisti a cercare opportunità all’estero, danneggiando così tutta la filiera. Una simulazione indica che mantenendo l’attuale aliquota IVA, il settore potrebbe subire perdite fino al 28% del fatturato, mentre un’eventuale riduzione al 5% potrebbe far crescere il fatturato a circa 1,5 miliardi di euro nel triennio successivo, contribuendo a un impatto economico totale di 4,2 miliardi di euro.
Il Gruppo Apollo, rappresentante dell’industria dell’arte in Italia, è disposto a dialogare con il Governo per allineare il regime fiscale a quello dei paesi europei. Il Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha confermato l’intenzione di ridurre l’aliquota IVA, sottolineando l’importanza di questo settore per l’identità e la cultura del Paese.