Filippo Turetta ha dichiarato la propria disponibilità a testimoniare nel processo che lo vede accusato di omicidio volontario aggravato per l’assassinio della sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin, uccisa con 75 coltellate. Il giovane, attualmente detenuto nel carcere di Verona, intende rispondere a tutte le domande della corte d’Assise di Venezia, presieduta dal giudice Stefano Manduzio, durante il suo interrogatorio fissato per il 25 e 28 ottobre. L’assenza di Turetta in aula ha suscitato dibattiti; il padre della vittima, Gino Cecchettin, ha affermato che la sua presenza è una scelta personale, mentre la nonna paterna ha ritenuto opportuno che fosse presente. Il procuratore capo Bruno Cerchi ha messo in evidenza l’importanza della partecipazione dell’imputato in un processo pubblico.
Il processo è caratterizzato da un accordo tra le parti, che ha portato a una rapida acquisizione del fascicolo senza il bisogno di testimoni. In questo modo, Turetta sarà l’unico testimone. Le udienze si svolgeranno in un arco di tempo ristretto, voluto dagli avvocati di Turetta, Giovanni Carusi e Monica Cornaviera, per ottenere una valutazione favorevole del comportamento dell’imputato e per contribuire a ridurre l’attenzione mediatica sul caso. La famiglia Cecchettin, nel frattempo, ha richiesto un risarcimento di oltre due milioni di euro per la morte di Giulia, con il padre che chiede un milione e le altre richieste provenienti da fratelli, zii e nonna.
Il processo rappresenta un evento significativo nella cronaca recente, e la corte d’Assise di Venezia ha rigettato la richiesta di diverse associazioni di essere costituite parti civili, permettendo un approccio più privato al caso. Si prevede che a dicembre, meno di un anno dopo il femminicidio, ci sia un verdetto, con l’ergastolo che appare la conseguenza più probabile per Turetta, date le circostanze aggravatrici dell’omicidio. Gino Cecchettin ha condiviso il proprio dolore di fronte ai giornalisti, esprimendo fiducia nel sistema giudiziario ma confermando la sua costante sofferenza per la perdita della figlia.