Negli ultimi tempi, la qualità del giornalismo musicale è stata messa in discussione, soprattutto in occasione del Festival di Sanremo. Mentre in televisione, grazie a programmi come Belve, si vedono interviste incisive e a volte scomode, in ambito musicale i giornalisti sembrano sempre più assomigliare a cortigiani, pronti a lodare gli artisti senza porre domande significative. Questo è emerso chiaramente nel recente festival, dove le domande erano per lo più ripetitive e vuote.
Tra le poche voci critiche si trovano Selvaggia Lucarelli, Giuseppe Candela e Davide Maggio, che hanno attirato l’attenzione negativa di alcuni colleghi e hater per le loro domande più audaci. Dagospia ha suggerito che questo comportamento sia alimentato da viaggi e regali offerti dai discografici e dagli uffici stampa, alimentando così una cultura del leccaculismo. Maggio, durante “Domenica In,” ha affrontato domande scomode a Elodie e Fedez, ricevendo reazioni piccate.
La frustrazione verso i giornalisti si fa sentire, in un clima che tende a silenziare chi prova a rompere il ghiaccio. Lucarelli ha espresso la sua opinione su una canzone di Cristicchi senza cadere nella banalità, mentre Candela ha provocatoriamente riproposto domande sul patto tra Rai e Mediaset, affrontando conseguenze negative sui social.
Il problema del giornalismo musicale risiede in una mancanza di coraggio da parte di molti professionisti, abituati a interviste superficiali e poco critiche. Con il potere concentrato nelle mani di pochi, anche il rischio di conflitti di interesse è alto, influenzando la critica e la visione artistica. Di conseguenza, ogni brano sembra “bellissimo” e ogni artista “eccezionale”, soffocando la vera critica musicale.