Negli ultimi mesi, la situazione politica in Georgia ha mostrato segni di un deterioramento significativo. A giugno, il tribunale di Tbilisi ha imposto a cinque organizzazioni non governative, tra cui Transparency International Georgia, di fornire dati sensibili all’Agenzia anti-corruzione, un atto descritto da Amnesty International come una violazione della libertà di associazione. In risposta, è stata introdotta una legge che punisce gli insulti agli ufficiali sui social media, consolidando ulteriormente il controllo del governo.
Il 16 aprile, il parlamento, dominato dal partito Georgian Dream, ha approvato una legge restrittiva sui finanziamenti esteri alle ONG, imponendo l’autorizzazione governativa per ogni contributo. Inoltre, una normativa sui “foreign agents” obbliga le ONG a registrarsi, seguendo un modello simile a quello russo. La libertà di stampa è stata messa sotto pressione, con un gruppo di 22 ONG che ha denunciato un attacco sistematico ai media indipendenti.
Nel contesto politico, sei leader dell’opposizione sono stati arrestati o incriminati a giugno, con Giorgi Vashadze condannato a sette mesi come caso emblematico. Amnesty International ha definito questa repressione una “macchina repressiva”, con un sistema giudiziario usato per soffocare il dissenso.
Le reazioni internazionali, in particolare da parte del Regno Unito, hanno denunciato l’imprigionamento dei leader dell’opposizione, evidenziando che tali azioni ostacolano le aspirazioni euro-atlantiche della Georgia. Londra ha già sanzionato funzionari georgiani coinvolti nella repressione, mentre il fondatore del partito Georgian Dream, Bidzina Ivanishvili, è accusato di legami con Mosca e di manipolare l’opposizione.
Con l’introduzione di leggi liberticide, la Georgia rischia di allontanarsi dal modello democratico verso una forma di autoritarismo simile a quella russa, complicando ulteriormente il suo percorso di adesione all’Unione Europea.