Morire sapendo che la propria vita è in pericolo è una realtà per molte vittime di femminicidio. Spesso, queste donne conoscono l’aguzzino, il quale può vivere con loro in casa, e la violenza non si manifesta mai come un caso isolato. Denunciare è difficile e, anche dopo una denuncia, molte donne non si sentono al sicuro. La recente fiaccolata in memoria di Pamela Genini, uccisa dal compagno, ha messo in luce la necessità di chiedere aiuto.
In Italia, il fenomeno dei femminicidi è preoccupante. Tra gennaio e settembre di quest’anno, 44 donne sono state uccise da partner o ex partner. Oltre all’omicidio di Pamela Genini, un altro caso di violenza a Varese ha attirato l’attenzione: un uomo è stato arrestato dopo aver minacciato e picchiato la sua ex compagna, ma rilasciato poco dopo. La mancanza di denunce spesso è legata a un sistema giudiziario che non riesce a garantire immediata sicurezza.
Il ministro della Giustizia ha affermato che il femminicidio è un reato autonomo e che le leggi sono severe, ma servono anche interventi educativi per cambiare il contesto culturale. Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha sottolineato l’importanza della prevenzione, spiegando che la violenza maschile è radicata in un patriarcato difficile da combattere.
Francesco Pira, sociologo, evidenzia che il percorso per una donna che denuncia non è semplice, dato il rischio di ritorsioni e la burocrazia. Si necessita di un cambiamento culturale e di interventi che combinino prevenzione e normative. Marisa Scavo, ex procuratore, sottolinea l’importanza di attivare reti di supporto sociale e la rapida messa in sicurezza delle vittime. Un approccio che unisca punizione e recupero è fondamentale per affrontare il problema della violenza.