Nella notte tra il 7 e l’8 settembre 2024, Ana Cristina Correia Duarte, madre di tre figli e di origini brasiliane, è stata uccisa brutalmente dal marito Ezio Di Levrano, 53enne camionista. Il fatto è avvenuto nella loro abitazione nella provincia di Pesaro, mentre erano presenti i loro tre bambini, di 14, 13 e 6 anni. La violenza che ha caratterizzato il loro matrimonio non era nuova: Di Levrano era già stato segnalato per maltrattamenti, ma mai denunciato.
Solo pochi giorni prima, Ana, preoccupata per la sua sicurezza, si era recata in caserma per segnalare le violenze subite dal marito e l’intenzione di allontanarsi da lui. Nonostante la richiesta, non aveva formalizzato una denuncia e, quindi, la procedura di codice rosso, che prevede l’allontanamento da casa, non era stata attuata completamente. La donna aveva fatto ritorno a casa, forse per portare via i bambini, ma giunta lì è scoppiata una violenta lite culminata con il suo accoltellamento. Ana è morta durante il trasporto in eliambulanza verso l’ospedale.
I tre figli hanno tentato di soccorrere la madre, tamponando le ferite, prima di cercare aiuto dai vicini, che hanno chiamato i soccorsi. I nonni paterni sono arrivati poco dopo per prendersi cura dei ragazzi. Nel frattempo, Ezio Di Levrano, dopo aver commesso l’omicidio, è fuggito, ma è stato ritrovato poche ore dopo nascosto nei pressi del luogo del delitto.
Quello di Ana Cristina è il 50esimo femminicidio in Italia nel 2024, un dato preoccupante che conferma un fenomeno allarmante. Nel 2023, le vittime furono 106, con una crescente preoccupazione per l’inadeguatezza delle misure di protezione. Solo il 27% delle donne vittime di violenza trova il coraggio di denunciare, spesso a causa della sfiducia nel sistema giudiziario. Le pene per i potenziali femminicidi si rivelano insufficienti, con misure che frequentemente non garantiscono la sicurezza delle vittime, come arresti domiciliari e braccialetti elettronici. Questo caso evidenzia la necessità di cambiamenti significativi nel modo in cui vengono gestite le denunce di violenza domestica e nell’efficacia delle misure protettive.