Mario Vargas Llosa è morto all’età di 89 anni la notte del 12 aprile a Lima, circondato dalla famiglia. Nato nella capitale peruviana, Vargas Llosa è stato uno dei più influenti scrittori del Novecento e l’ultimo premio Nobel per la Letteratura di lingua spagnola. I suoi tre figli hanno annunciato la sua morte con un messaggio sui social, esprimendo il desiderio che chi lo ha amato trovi conforto nella sua vita ricca e nelle opere che lo sopravvivranno. Malato da tempo, l’autore ha vissuto gran parte della sua vita tra Europa e America Latina, mentre con la sua scomparsa si chiude un’epoca della letteratura ispanica.
Vargas Llosa è stato tra i protagonisti del “boom” latinoamericano, insieme a nomi come Gabriel García Márquez e Julio Cortázar. La sua carriera è decollata con “La città e i cani” (1963), un romanzo ambientato in un collegio militare che ha sollevato scalpore in patria, ma ha anche ottenuto riconoscimenti internazionali. Tra le sue opere più celebri figurano “La casa verde”, “Conversazione nella cattedrale”, “Pantaleón e le visitatrici” e “La festa del Caprone”.
Nel 2010 ha ricevuto il Nobel per la Letteratura per la sua capacità di esplorare le strutture del potere attraverso la letteratura, una fusione di realismo politico e introspezione morale. Vargas Llosa ha affrontato temi come le dittature e le fragilità umane, intraprendendo un percorso di scrittura durato 60 anni, sempre accompagnato da un impegno civile. Da giovane militante comunista a candidato liberale alla presidenza del Perù, la sua produzione ha sempre rappresentato una forma di resistenza contro il populismo e l’autoritarismo.
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