È italiana la scoperta di una nuova opportunità terapeutica per i pazienti con tumore al colon retto metastatico. Si tratta della prima terapia anti HER2 che è stata certificata da FDA (Food and Drug Administration – ente governativo statunitense preposto alla regolamentazione dei farmaci) e messa sul mercato da una azienda farmaceutica americana. Un traguardo però che parte da lontano, dall’Italia, da uno studio realizzato dieci anni fa con un lavoro che porta la firma dell’Ospedale Niguarda di Milano, dell’IRCCS Candiolo di Torino, dell’Università Statale di Milano e dell’Università di Torino. Un lavoro a più “teste” coordinato dal professor Salvatore Siena principale investigator, direttore del reparto di Oncologia dell’Ospedale di Niguarda, che ha visto la partecipazione di Livio Trusolino, ricercatore di fama mondiale dell’IRCCS Candiolo, di Alberto Bardelli, oggi direttore scientifico dell’Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare (IFOM) di Milano e di Silvia Marsoni di IFOM.
La scoperta italiana inizia nel 2013
Tutto ha avuto inizio nel 2013 quando un gruppo di ricercatori del Niguarda Cancer Center, dell’Università di Torino e dell’Istituto Candiolo hanno avviato una ricerca finanziata da AIRC per individuare nuovi bersagli terapeutici per i tumori metastatici del colon retto. Quel lavoro, coordinato al letto del malato dal professor Salvatore Siena arrivò ad una importante scoperta: una frazione di tumori dell’intestino si distingue per esprimere in modo elevato la proteina HER2 dell’oncogene c-erb2.
Una piattaforma studia metastasi del tumore colon retto
«Con i colleghi dell’Istituto di Ricerca di Candiolo, dell’Università di Torino e di Milano venne creata una piattaforma che prevedeva lo studio di metastasi di tumori del colon retto che crescevano in vivo in modelli animali utilizzati per la sperimentazione – racconta a Sanità Informazione Salvatore Siena -. In questo modo abbiamo studiato i meccanismi di sensibilità e di resistenza a quello che allora era l’unico farmaco a bersaglio molecolare e scoprimmo che fra i meccanismi di resistenza alla terapia con anti EGFR c’era anche la amplificazione di un oncogene, HER2, solitamente presente nel tumore alla mammella».
Combattere il tumore al colon retto metastatico con due farmaci combinati
Il fenomeno non era limitato alle sole osservazioni in laboratorio ma aveva riscontro anche a livello clinico, per cui in alcuni pazienti il tumore del retto o del colon metastatico aveva una amplificazione HER2 ed era resistente alla terapia anti EGFR. «Abbiamo deciso di creare uno studio clinico con trial anti Her2 – riprende Siena – , sapendo che una precedente terapia sperimentale con l’utilizzo di un solo anticorpo monoclonale, Trastuzumab, aveva fallito. Ci concentrammo allora su un meccanismo in grado di colpire sia la superficie che l’interno delle cellule malate». La soluzione arrivò da una intuizione del ricercatore Livio Trusolino dell’IRCCS Candiolo che decise di puntare su due farmaci combinati. «L’associazione tra Trastuzumab e Lapatinib si rivelò efficace per curare i pazienti con tumore del colon retto Her2 amplificato», sottolinea il direttore del Niguarda Cancer Center.
Tucatinib la versione aggiornata di Lapatinib
La ricerca, finanziata da AIRC e Fondazione Oncologia Niguarda, non era in grado però di reggere i mercati farmaceutici mondiali. A cambiare le sorti dello studio è intervenuta a distanza di anni una potenza farmaceutica americana la Seagen che ha prodotto un farmaco simile per composizione al Lapatinib, chiamato Tucatinib. «Noi abbiamo anche partecipato alla validazione di Tucatinib – fa notare Siena – che lo scorso 19 gennaio ha ottenuto l’approvazione della FDA».
Tre terapie a bersaglio molecolare per il tumore al colon retto
Oggi sono tre le terapie a bersaglio molecolare possibili per il tumore al colon retto metastatico: si tratta della Terapia Anti-BRAF dove però il beneficio clinico dura poche settimane, una terapia con una nuova associazione di farmaci Anti-BRAF e anti-EGFR, e la terapia anti HER2 dove la risposta e il beneficio clinico durano molte settimane, addirittura mesi e, in alcuni casi, anni. «Per il nuovo farmaco ci vorrà ancora del tempo – conclude Siena – La nostra soddisfazione però è grande perché per i casi HER2+ tutto è partito da studi italiani realizzati con finanziamenti di AIRC e Fondazione Oncologia Niguarda». Prossimo passo sarà ottenere la validazione di EMA, di AIFA e il riconoscimento del prezzo per il Sistema Sanitario Nazionale.