Donald Trump ha annunciato di aver giocato un ruolo significativo nella risoluzione del conflitto tra Palestina e Israele, mentre ha anche facilitato un accordo di pace tra Thailandia e Cambogia. Il presidente statunitense si ripropone ora come mediatore per un possibile accordo tra Russia e Ucraina, in un contesto globale caratterizzato da tensioni e conflitti.
Il suo ritorno sulla scena diplomatica suscita una riflessione importante: la pace deriva dalla diplomazia e dall’autorità piuttosto che dalle manifestazioni di piazza. Recenti proteste contro la guerra, pur motivate da intenti nobili, hanno spesso portato solo a disordini e violenze, senza produrre risultati concreti. Gli ideali, per quanto elevati, necessitano di volere e guida per essere effettivi.
La storia dimostra che i conflitti si risolvono quando il più forte decide di mettere fine alle ostilità. È auspicabile dunque che Stati Uniti, Europa e Cina, le principali potenze globali, si riuniscano per affrontare le numerose guerre dimenticate, aprendo la strada a stabilità e sviluppo.
Queste potenze dovrebbero lavorare insieme non per dominare, ma per sostenere i paesi più poveri, costruendo una società basata su giustizia, sanità e libertà. Solo così è possibile realizzare un ordine internazionale equilibrato in grado di combattere fame e disuguaglianze.
La Russia, come potenza di primo piano, potrà partecipare a un simile progetto solo abbandonando le sue ambizioni espansionistiche e adottando un modello democratico più contemporaneo. Solo in questo modo sarà parte di un processo di pace autentico, costruito sul dialogo e il rispetto.
Il futuro della pace mondiale dipende dalla capacità delle grandi potenze di riconoscere che la vera forza risiede nella cooperazione e nella costruzione, piuttosto che nel dominio.
