La minaccia di dazi imposta dagli Stati Uniti, fortemente sostenuta da Donald Trump, potrebbe colpire dal prossimo aprile i prodotti italiani, in particolare l’export agroalimentare. Le regioni italiane più vulnerabili, secondo uno studio di Prometeia, sono Liguria, Molise, Basilicata e Sardegna, che esportano un notevole volume di prodotti tipici come formaggio, vino e olio. Per esempio, il pecorino romano, prodotto principalmente in Sardegna, ha il 57% delle sue vendite totali destinate al mercato statunitense, per un valore di 151 milioni di euro. Anche i vini, in particolare quelli Dop di fascia media come il Prosecco, e gli oli sono a rischio. Le perdite nel settore del vino potrebbero ammontare a circa 470 milioni di euro solo per il mercato Usa, mentre a livello globale le perdite potrebbero avvicinarsi a un miliardo di euro.
Un studio di Confindustria ha rivelato che i settori industriali più colpiti dai dazi sarebbero bevande, automotive e farmaceutico. Secondo Confcommercio, oltre il 400 imprenditori in Lombardia prevedono un aumento dei prezzi al consumo fino al 5%, trasferendo così il costo dei dazi ai consumatori finali. Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani, ha esortato a un’azione diplomatica per evitare che i successi ottenuti nell’export agroalimentare con gli Stati Uniti, che è aumentato del 158% negli ultimi dieci anni, vengano compromessi. Nel 2024, gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato per il cibo e il vino Made in Italy, con un valore di 7,8 miliardi di euro.