«La moderna organizzazione delle Maternità attualmente prevede la gestione congiunta di madre e bambino, il cosiddetto rooming-in, che va proposto fornendo il necessario sostegno pratico e psicologico alla nuova famiglia». Questo è il messaggio lanciato dagli specialisti dell’area materno-infantile delle società scientifiche Sin (Società italiana di neonatologia), Sip (Società italiana di pediatria), Sigo (Società italiana di ginecologia ed ostetricia) e Aogoi (Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani). Un supporto, secondo gli esperti, «individualizzato ed empatico». E «la carenza a livello nazionale del personale sanitario, pesantemente sofferta anche nell’area del percorso nascita, non è motivo sufficiente per giungere ad ipotizzare proposte assistenziali involute e di minore qualità come la gestione separata di madre e bambino».
Gli specialisti sottolineano l’importanza di «promuovere la relazione madre-bambino»
Gli specialisti affrontano in una nota congiunta una riflessione dopo il caso del neonato trovato morto all’ospedale Pertini di Roma nel letto dove la mamma lo aveva allattato e si era addormentata. «Un tragico episodio» che diventa «occasione per condividere alcune considerazioni sull’assistenza sanitaria fornita nelle Maternità», evidenziano gli esperti, i quali spiegano di essere «da tempo impegnati nel promuovere la relazione madre-bambino e l’allattamento al seno, investimenti duraturi con positivi risvolti socio-sanitari».
Gestione separata madre-neonato ostacola l’avvio della relazione
«La gestione separata di madre e neonato, prevalente in epoche passate, ostacola invece l’avvio della relazione genitore-famiglia-neonato, è contraria alla fisiologia, anche dell’allattamento, e non garantisce da eventi neonatali imprevisti e tragici – avvertono gli specialisti -. Facciamo riferimento in particolare al ‘collasso post natale’, conosciuto come Supc (Sudden Unexpected Postnatal Collapse), evento improvviso e inaspettato, molto raro (colpisce 8 neonati ogni 100 mila), ma documentato a livello internazionale. Si verifica nella prima settimana di vita, a volte a causa di patologie sottostanti non diagnosticate, ma il più delle volte in bambini apparentemente sani. Le attuali indicazioni delle società scientifiche per prevenirla si basano sull’eliminazione, nei limiti del possibile, dei fattori di rischio associati».
Gli specialisti raccomandano di evitare il co-sleeping
Un altro aspetto che gli esperti tengono a puntualizzare è che «la condivisione del letto fra una madre vigile ed un neonato sano, messo in una posizione di sicurezza, è un fatto naturale, pratico, indiscutibile. Le società scientifiche però attualmente raccomandano di evitare la condizione del co-sleeping, giudicata non sicura, suggerendo di riporre il bambino a fine poppata nella propria culla, in particolare quando non siano presenti altri caregiver (familiari o operatori sanitari).« Questa prudenza è giustificata ben oltre la permanenza di mamma e bambino nel Punto nascita e interessa tutti i primi 6 mesi di vita», sottolineano gli specialisti.
Necessaria assistenza individualizzata ed empatica per il rooming in
È però «inevitabile che, nonostante tutte le cautele, mamma e bambino possano spontaneamente addormentarsi nello stesso letto. Si tratta di un evento che più che essere drammatizzato, richiede un rinforzo di informazione alle famiglie sulla sicurezza del bambino durante il sonno». In conclusione, Sin, Sip e Sigo-Aogoi sottolineano «il valore essenziale della pratica del rooming in», si legge nella nota congiunta firmata dai presidenti Luigi Orfeo, Annamaria Staiano, Nicola Colacurci e Antonio Chiàntera, i quali raccomandano che l’implementazione del rooming in per essere appropriata preveda che le famiglie siano adeguatamente informate, coinvolte e supportate; e che gli operatori sanitari offrano un’assistenza per quanto possibile individualizzata ed empatica in modo che l’indicazione istituzionale a praticare il rooming in sia declinata in maniera appropriata».
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