Termina nel peggiore dei modi la vicenda di spionaggio che ha coinvolto Walter Biot, un funzionario condannato dalla Cassazione a 29 anni di carcere per aver venduto segreti militari ai servizi russi in cambio di 5.000 euro. L’arresto di Biot è avvenuto il 30 marzo 2021, quando è stato fermato dai carabinieri di Roma mentre si trovava in auto con Dmitry Ostroukhov, dipendente dell’ambasciata russa. Durante il controllo, nel veicolo è stata rinvenuta una scheda Sd contenente informazioni riservate.
Ostroukhov, assistente dell’addetto militare dell’ambasciata russa, fu espulso dall’Italia insieme a Biot dopo il fermo. Biot, che lavorava allo Stato Maggiore della Difesa nel settore Politica militare e pianificazione, aveva avuto accesso e fotografato documenti riservati riguardanti l’utilizzo delle forze armate italiane all’estero sotto l’egida di Nato, Ue e Onu. La Cassazione ha respinto il ricorso di Biot, confermando così la sentenza della corte d’Appello militare.
L’ex capitano di fregata, che nel 2010 aveva lasciato la portaerei Garibaldi per ricoprire ruoli burocratici, è stato giudicato in due occasioni: in primo grado ha ricevuto una condanna a 20 anni di carcere dal tribunale penale. La scheda di memoria contenente i segreti di stato si trovava nascosta all’interno di un bugiardino di una confezione di Crestol, accanto a uno smartphone Huawei, tra i sedili dell’auto. In totale, erano presenti 181 fotografie di 19 documenti top secret, di cui solo 4 sono stati resi noti nel corso del processo.
Le indagini hanno anche rivelato l’esistenza di tre video che documentano Biot mentre fotografa i documenti da consegnare ai russi. Questo complesso processo di spionaggio ha avuto un forte impatto sulle relazioni tra Italia e Russia, evidenziando come il fenomeno dello spionaggio militare resti una questione rilevante nella geopolitica contemporanea. La condanna di Biot è un segnale chiaro della severità con cui l’Italia affronta tali crimini e della protezione necessaria per i propri segreti di stato.