È finita nella notte la latitanza di Domenico Cracolici, 38enne elemento di spicco dell’omonimo clan, catturato ieri notte a Maida, in provincia di Catanzaro. Inserito nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi d’Italia, il boss era sfuggito alla cattura il 19 dicembre 2019 nel corso dell’Operazione “Rinascita-Scott”.
I carabinieri della compagnia di Serra San Bruno e del nucleo investigativo di Vibo Valentia, insieme allo Squadrone Cacciatori – gli specialisti della ricerca e cattura dei latitanti – lo hanno sorpreso in un casolare isolato nelle campagne di Maida. Un blitz rapidissimo, di cui Cracolici, sorpreso nel sonno, non si è reso conto fin quando non si è trovato di fronte i carabinieri.

Sull’indagine che ha portato alla sua cattura al momento non filtra alcun dettaglio, segno che la procura antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, è ancora al lavoro per identificare chi in questi mesi gli abbia fornito appoggio e protezione. E la rete su cui poteva contare – è l’ipotesi – di certo è ampia e rodata perché per mesi il boss ha continuato a muoversi, cambiare rapidamente covo, nascondendo abilmente le proprie tracce. Di certo, di questo gli investigatori ne sono convinti, Cracolici non si è mai allontanato troppo dal suo feudo – la zona fra Maierato e Filogaso, due piccoli centri del vibonese – spogliati di capi e gregari prima dall’inchiesta “Rinascita-Scott”, quindi dall’operazione “Imponimento” che di qualche mese l’ha seguita e gli è costata nuove accuse di cui dovrà rispondere.
Figlio di Raffaele Cracolici, ritenuto vero fondatore del clan insieme al fratello Alfredo, alla morte dei due, ammazzati a distanza di poco tempo fra il 2002 e il 2004, con il cugino Francesco ha ereditato la guida della famiglia. Secondo i magistrati, nonostante la giovane età aveva un ruolo fondamentale nell’organigramma dell’omonimo clan. Insieme al cugino era a lui a curare i rapporti con gli altri clan della zona. Negli ultimi anni si era fatto carico delle crescenti tensioni con i Bonavota, considerati mandanti dell’omicidio del padre Raffaele.
Quello che fino al momento della sua cattura ha guidato, per gli inquirenti è un clan piccolo ma aggressivo. Nota dagli anni Sessanta quando il capostipite Francesco – nonno del latitante catturato – da Palermo è stato spedito in soggiorno obbligato nel vibonese, la famiglia mafiosa dei Cracolici si è fatto strada con ferocia, espropriando di fatto terreni su terreni ai contadini della zona di Maierato. Per anni, alleato dei Mancuso, il clan di recente ha provato ad emanciparsi dal potente casato mafioso attorno a cui orbitano la maggior parte delle famiglie della zona, pagando a caro prezzo le proprie ambizioni.