Psichiatra Mencacci: “Giorni di bilanci, in bilico tra passato e futuro. E anche la biologia gioca un ruolo. La ‘Winter blues’ interessa il 5% della popolazione”
Brindisi e paillettes, fuochi d’artificio, baci e danze scatenate: è questo il ‘mood’ di Capodanno, quello che rispecchia lo stato d’animo di tante persone che scelgono di salutare il nuovo anno con grandi feste. Ma non sempre è tutto così luminoso. C’è anche una quota di persone che si lascia prendere da quella che gli anglosassoni chiamano ‘New Year’s blues’. I più a rischio, considerando i fattori che predispongono alla malinconia di San Silvestro? Over 65 soli, e donne, spiega all’Adnkronos Salute Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano e co-presidente Sinpf (Società italiana di neuropsicofarmacologia).
Sono varie le componenti che contribuiscono a questo modo di sentirsi. Anche la stagione invernale fa la sua parte. “Il cosiddetto ‘Winter blues’, cioè il ‘seasonal affettive disorder-Sad’ interessa il 5% della popolazione, di più il genere femminile e le persone sopra i 65 anni e in condizione di solitudine”, evidenzia. “Spesso ce lo dimentichiamo, ma la festa di fine anno – riflette l’esperto – era dedicata al dio Giano, un dio bifronte che mostrava due facce, una rivolta al passato e una rivolta al futuro. Quindi l’assenza del presente. Questo ci aiuta a comprendere le persone che hanno un’inclinazione un po’ melanconica, una tendenza a guardare al passato, legata al rievocare le perdite che si sono accumulate”. Un approccio che “fa sì che questo tornare al passato proietti un’ombra lunga sul futuro, che facilita questa percezione di melanconia”.
Abbiamo due condizioni che sono contemporanee, puntualizza Mencacci. “Non dobbiamo infatti dimenticare mai che tutte queste cose avvengono in un contesto biologico che è legato al solstizio d’inverno: siamo nel periodo con la più bassa quantità di luce solare e con le temperature che tendenzialmente si abbassano. Giornate più brevi, con meno luce e più fredde, sono delle condizioni che possono facilitare questi cambiamenti di tipo stagionale e delle reazioni di natura depressiva. Su questo piano è sensibile in maniera particolare il genere femminile. L’altro elemento è la solitudine. I più colpiti sono sempre ovviamente gli anziani. Nel nostro Paese ci sono 2 milioni di individui che vivono in condizioni di isolamento sociale, cioè persone che in una settimana normale non incontrano nessuno, non sentono al telefono nessuno e non partecipano a nessuna attività. Partiamo dunque da un bagaglio grosso di solitudine, da situazioni di persone che hanno perso affetti e amicizie e si trovano circondati da un contesto dedicato alla gioia, alla condivisione, all’allegria, all’idea di dover festeggiare in tutti i modi l’inizio del nuovo anno”.
A Capodanno “noi festeggiamo – prosegue la riflessione di Mencacci – l’inizio materiale e immateriale, festeggiamo il passaggio. Però il passaggio visto con gli occhi delle persone che sono in una condizione di solitudine, di fragilità o di malattia, tende ad accentuare in maniera amplificata quella che è una condizione di depressione e di abbassamento dell’umore. Torniamo ai dati: si calcola che dal 17 al 20% circa della nostra popolazione, quando intervistata, dice che si sente molto sola o abbastanza sola, secondo gli ultimi studi. Numeri che ci dicono che questo sentimento pesa in maniera importante non solo per quello che è il contesto sociale. La solitudine impatta infatti sulla qualità di vita e sulla salute fisica delle persone in maniera molto pesante”.
E poi c’è un altro fattore. “Un momento alla fine dell’anno, che è quello dei bilanci – fa notare l’esperto – di chiusura del bilancio di ciò che si è lasciato e ciò che invece ci aspetta. Se il bilancio è stato particolarmente negativo, riguardo alla realizzazione di sé dal punto di vista professionale, affettivo, sentimentale o genitoriale, è chiaro che lo stato d’animo non potrà che essere uno stato d’animo poco ottimista o quantomeno poco incline all’idea di fare festa. Le persone” che sperimentano questa situazione “non sono contente, sono demotivate. Non c’è una grande emozione per questo inizio. Perché il tema è: inizio di che cosa? Se si proietta in senso negativo, sembra un prolungamento di ciò che è stato”.
In definitiva, conclude Mencacci, questi “sono giorni particolari, in cui il contesto ambientale spinge in maniera molto forte verso il nuovo inizio. E’ proprio la natura del Capodanno, festa pagana in cui tutto viene rinnovato e tutto viene nuovamente proiettato nel futuro. Ebbene, c’è chi vive questa fase con più sofferenza, sia per le condizioni di solitudine sia per le condizioni di bilancio che ha tratto e sia per il fatto di non avere più vicino a sé persone care, e ne trae un bilancio sicuramente più negativo. Senza dimenticare l’aspetto biologico della nostra specifica individuale sensibilità al fotoperiodo, e alle temperature, e ovviamente tutto questo genera nel nostro organismo delle reazioni, tra cui il Winter blues è il più importante. Siamo un una fase in cui finiscono le giornate con meno luce e si va verso un allungamento. Tutto questo è sempre un rito di passaggio. E poi – chiosa – salutiamo San Silvestro che, poverino, è morto il 31 dicembre e non ha potuto vedere l’alba del nuovo anno”.