Negli ultimi anni, la scienza ha approfondito lo studio del bullismo, non considerandolo più solo un problema sociale, ma anche come un fenomeno in grado di modificare il cervello. Le ricerche evidenziano che gli effetti del bullismo vanno oltre il disagio emotivo, poiché possono causare cambiamenti misurabili nel sistema nervoso, influenzando la gestione delle emozioni, le relazioni e la capacità di affrontare lo stress.
Quando una persona subisce bullismo, il suo cervello si abitua a percepire il mondo come minaccioso, sviluppando un meccanismo di difesa che, sebbene possa sembrare protettivo, provoca un’attivazione dell’allerta costante, portando a sintomi come ansia, insonnia e stanchezza mentale.
Uno studio ha dimostrato che chi ha subito bullismo reagisce intensamente a situazioni di sopraffazione, attivando aree del cervello legate alla regolazione delle emozioni. Questo può portare a una permanenza dello stato di difesa e, nel lungo termine, a disturbi d’ansia e depressione, specialmente se l’esperienza avviene durante l’adolescenza.
Le neuroscienze hanno anche rivelato alterazioni in specifiche aree cerebrali, come l’amigdala e la corteccia prefrontale, influenzando negativamente la capacità di gestire le emozioni. Le vittime possono manifestare difficoltà di concentrazione e oscillazioni emotive, e il trauma non si limita solo a chi subisce bullismo, ma colpisce anche chi ne è spettatore.
Interventi tempestivi e coordinati a livello individuale, familiare e istituzionale sono fondamentali per proteggere le vittime. Approcci come il colloquio di supporto, la terapia di gruppo e il coinvolgimento della famiglia sono essenziali. È inoltre importante affrontare il bullismo in ambito educativo, responsabilizzando il gruppo e promuovendo relazioni sane attraverso attività ricreative.