Nelle città di Trento, Rovereto e Bangkok, un gruppo di ricercatori sta esplorando nuove frontiere nella medicina rigenerativa grazie a due insospettabili alleati: i bachi da seta e i crostacei. Gli scienziati stanno infatti studiando come i materiali derivati da questi organismi possano essere utilizzati per rigenerare tessuti umani danneggiati, offrendo nuove speranze per la cura di patologie legate all’invecchiamento e ai traumi
La nuova frontiera della medicina rigenerativa: dai bachi ai crostacei
La medicina rigenerativa rappresenta una svolta fondamentale per il trattamento di numerose patologie e lesioni. Tradizionalmente, i metodi di cura hanno spesso fatto affidamento su trapianti o impianti di dispositivi artificiali, soluzioni che, come osserva la professoressa Antonella Motta dell’Università di Trento, possono presentare numerose complicazioni.
«L’ingegneria dei tessuti è una nuova strategia per risolvere i problemi causati da patologie o traumi agli organi, in alternativa ai trapianti o agli impianti di dispositivi artificiali».
Questa nuova prospettiva si basa sulla capacità intrinseca del corpo umano di autorigenerarsi. L’obiettivo è stimolare la riparazione dei tessuti danneggiati attraverso l’uso di materiali naturali, come la seta dei bachi e i componenti derivati dai crostacei.
Ma cerchiamo capire il nesso fra animali e la loro applicazione nel campo biomedico.
La seta: un’antica risorsa per nuove applicazioni
La seta è un materiale antico che ha trovato impiego nelle suture chirurgiche per secoli, ma le sue potenzialità non finiscono qui.
I ricercatori del progetto SHIFT, finanziato dall’Unione Europea, stanno esplorando come questa fibra possa essere utilizzata per creare impalcature biologiche che facilitano la rigenerazione dei tessuti. Queste impalcature fungono da sostegno per le cellule, guidandole nella formazione di nuovo tessuto e vasi sanguigni. La tecnica potrebbe essere rivoluzionaria per il trattamento di condizioni come le ulcere diabetiche e la degenerazione del disco spinale.
La professoressa Motta sottolinea ovviamente l’importanza del controllo di qualità nella produzione di seta per uso medico.
«Cambiando il baco da seta, puoi cambiare la chimica. Questo significa che il controllo di qualità dovrebbe essere molto rigoroso».
I crostacei: un “mare” di opportunità
Accanto alla seta, i gusci di crostacei come gamberetti, granchi e cozze stanno emergendo come materiali promettenti per la rigenerazione di pelle, ossa e cartilagine.
Gli scienziati stanno esaminando come questi possano essere integrati in trattamenti minimamente invasivi, quali ad esempio idrogel che possono essere applicati direttamente sulla pelle o iniettati nelle ossa o nelle articolazioni danneggiate.
«Abbiamo tre o quattro sistemi con materiali diversi che sono davvero promettenti», afferma Motta. Entro la fine del progetto SHIFT, il team spera di avere due o tre prototipi pronti per lo sviluppo commerciale e il passaggio alla fase clinica.
Il ruolo della natura nella rigenerazione
Un altro progetto europeo, SkinTERM, sta indagando come indurre la rigenerazione naturale della pelle, focalizzandosi sulla capacità del tessuto di autoripararsi senza cicatrici. Il team di SkinTERM sta studiando un piccolo mammifero, il topo spinoso, che ha la capacità straordinaria di guarire senza lasciare segni. Questa ricerca potrebbe portare a nuove terapie per ustioni e altre ferite superficiali, evitando i problemi associati agli attuali metodi di innesto cutaneo.
Il dottor Willeke Daamen, coordinatore del progetto SkinTERM, spiega che «l’obiettivo finale sarebbe quello di ottenere la stessa situazione prima e dopo essere stati feriti».
Verso il futuro della medicina rigenerativa
I progetti SHIFT e SkinTERM rappresentano un passo importante verso un futuro in cui le terapie rigenerative possano diventare una realtà clinica diffusa.
L’idea di utilizzare materiali naturali per stimolare la rigenerazione tissutale offre non solo nuove speranze per i pazienti. Apre altresì la strada a un approccio più sostenibile e meno invasivo alla cura delle patologie.
«La complessità è alta perché la natura della biologia non è facile», conclude Motta. «Non possiamo cambiare la lingua delle cellule, ma invece dobbiamo imparare a parlare la loro stessa lingua». Grazie a questi progetti pionieristici, il sogno di una medicina rigenerativa basata sulla natura potrebbe diventare realtà entro i prossimi decenni.