Maggiore disponibilità di posti negli asili nido e congedi parentali condivisi tra madri e padri non solo favoriscono l’occupazione femminile, ma possono anche incidere positivamente sulla natalità. Questi risultati emergono dal progetto di ricerca “Retain – Rethinking incentives and barriers to maternal employment”, coordinato dalle Università di Verona, Ca’ Foscari e Bocconi, presentato durante un workshop a Venezia.
In Italia, il tasso di occupazione femminile è al 57,4%, significativamente inferiore alla media europea, con un picco di difficoltà post-gravidanza: solo il 54% delle madri lavora. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha identificato l’espansione dei servizi per l’infanzia e il potenziamento del lavoro femminile come priorità per ridurre questo divario. Il progetto “Retain” mira a comprendere l’impatto delle politiche familiari sulle scelte di fecondità e occupazione.
La prima linea di lavoro, “Ready to share?”, analizza l’effetto delle riforme sulle politiche familiari, come congedi parentali paritari e maggiori posti nido. I risultati indicano che disponibilità di nidi per i lattanti aumenterebbe la probabilità di avere un figlio del 4,1% per le donne e dell’1,17% per gli uomini. L’introduzione di un congedo paritario potrebbe incrementare ulteriormente la propensione alla genitorialità.
La seconda linea di ricerca, “Does expanding nursery places affect mothers’ employment?”, ha esaminato l’impatto di investimenti passati nei servizi per l’infanzia. Nei comuni dove i posti nido sono aumentati, la probabilità di occupazione delle madri dopo la maternità è cresciuta di circa 15 punti percentuali, specialmente per il lavoro a tempo pieno. Allo stesso tempo, è diminuita la quota di madri che si occupano direttamente dei figli, portando a una redistribuzione delle responsabilità familiari.
Investire nei nidi pubblici risulta quindi una strategia non solo sociale ma anche economica, favorendo la stabilità lavorativa delle madri e benefici per l’intero sistema.