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Aruba e NetApp, ecco come funziona il data center più sostenibile d'Italia


Si trova a Ponte San Pietro, Bergamo, e sorge sul territorio di una ex industria tessile sfruttando l’energia che viene dal sole e dall’acqua

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A Ponte San Pietro, vicino Bergamo, sorge il Global Cloud Data Center di Aruba che integra i prodotti hardware ad alta efficienza energetica di NetApp e tutta una serie di accorgimenti che lo rendono un esempio di produzione green di alto livello in Italia: è un esempio di come l’intera filiera possa essere ragionata in modo sostenibile anche in un’industria energivora come quella dei dati, che notoriamente è afflitta da sprechi. Quello di Ponte San Pietro è un campus che sorge sul territorio di un’ex compagnia tessile, e ha dalla sua la possibilità di sfruttare una falda acquifera: l’impegno nelle rinnovabili ha riguardato l’acquisizione di sette centrali idroelettriche, tre centrali localizzate all’interno e nelle aree limitrofe al Data Center campus e quattro centrali distribuite nel Nord Italia, oltre agli impianti fotovoltaici che rivestono i Data Center, non solo sui tetti ma anche sulle pareti oblique.

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“In NetApp puntiamo alla semplificazione della gestione dell’infrastruttura che supporta i dati, insieme con la sostenibilità, la sicurezza e il risparmio”, ha detto a Adnkronos Tech&Games Davide Marini, Country Manager Italia di NetApp. “Essendo uno dei nostri quattro pilastri, l’impegno dell’azienda nei confronti della sostenibilità è notevole: il nostro primo impegno è continuare a migliorare in tal senso. Il commitment di NetApp è ridurre le emissioni entro il 2030, nel dettaglio tagliare del 50 per cento le emissioni di Scope 3, ovvero tutte le emissioni indirette prodotte nella catena del valore di un’azienda come risultato delle sue attività, e ridurre del 42 per cento l’intensità delle emissioni di Scope 1 e 2 (emissioni dirette e parte di raffreddamento e elettricità). Rientriamo nel primo 7 per cento delle aziende mondiali impegnate su questo fronte”.

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“È necessario per noi creare delle soluzioni che aiutino i nostri clienti ad essere più sostenibili, dal lato data server e data management”, continua Marini. “In questo senso lavoriamo da un lato sulla componente tecnologica, migliorando e integrando l’hardware con un costante lavoro di ricerca e sviluppo. Poi c’è tutta la componente software, che è fondamentale: gli analisti dicono che due terzi dei dati immagazzinati dagli utenti non vengono più utilizzati dopo la loro creazione. Si tratta di un grandissimo spreco dal punto di vista energetico, con un grande impatto sull’ambiente. Per questo nei nostri software includiamo strumenti che permettano al cliente di tenere sott’occhio questo aspetto e ridurre al minimo la conservazione di file e dati inutili. La gestione dei file è una priorità, a seconda dell’importanza e dell’utilizzo che si fa degli stessi”.

Giorgio Girelli, General manager di Aruba Enterprise, spiega come la realtà di Ponte San Pietro sia un modello per quanto riguarda la sostenibilità: “Quando abbiamo acquisito quest’area, precedentemente occupata da un’azienda tessile, l’abbiamo subito riconosciuta come idonea a un campus del genere grazie a due requisiti: la presenza di una centrale idroelettrica, quindi la possibilità di produrre energie in modo ecosostenibile, e la possibilità di utilizzare l’acqua di falda per il raffreddamento delle sale dati, tramite un complesso sistema di circuiti chiusi. In questo modo l’acqua viene costantemente restituita alla falda, semplicemente con qualche grado in più. Tutto il resto del campus è stato poi realizzato con questa stessa filosofia, condivisa da NetApp, ad esempio con l’installazione di pannelli fotovoltaici su tutta Ponte San Pietro”. Recentemente Aruba ha annunciato di essere la prima azienda italiana ad aver ricevuto la dichiarazione di verifica di conformità dei Data Center del campus tecnologico di Ponte San Pietro al Codice di Condotta europeo per l’Efficienza Energetica dei Data Center (CoC), a seguito dell’audit tenuto da un ente di verifica terzo, quale Bureau Veritas.

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