Nel nuovo contesto globale, le distanze tra potenze emergenti e le due sponde atlantiche si accentuano, creando incertezze e tensioni. Mentre le iperpotenze guadagnano terreno, Stati Uniti ed Europa sembrano distaccarsi, riflettendo sentimenti di incomprensione. La vittoria di Trump segna un cambio di rotta, mostrando una rinnovata vocazione imperiale degli Stati Uniti, accompagnata da un ritorno verso l’isolazionismo. Si delinea, quindi, un “impero provinciale” statunitense, caratterizzato da ambizioni di comando ma privo di responsabilità.
L’Europa si trova a dover affrontare le ripercussioni di questa nuova realtà. Le divergenze interne tra le correnti dell’europeismo emergono con chiarezza, evidenziando scelte strategiche diverse: chi propone un nuovo spirito comunitario, chi si aggrappa agli Stati Uniti, e chi spera in un futuro migliore evitando conflitti. Tuttavia, queste aspettative sembrano distaccate dalla realtà. L’amministrazione Trump rappresenta una novità strategica destinata a influenzare a lungo termine gli equilibri globali, segnando un bivio difficile per l’Europa.
La frattura attuale richiede un cambiamento nell’approccio europeo: occorre unire le forze e prepararsi autonomamente a una strategia di difesa, prima delegata agli alleati americani. La discussione si incentrerà sulla necessità di superare egoismi nazionali e illusioni pacifiste, non per provocare conflitti, ma per evitare di diventare un bersaglio facile. L’Europa deve, quindi, armarsi e unirsi, consapevole di trovarsi in un contesto competitivo e potenzialmente ostile, in cui le debolezze altrui vengono sfruttate.