Negli ultimi tempi è emerso un preoccupante fenomeno di discriminazione estetica anche negli animali. Alcuni studi, in particolare una ricerca condotta dalle Università di Hong Kong e Firenze, hanno rivelato che gli animali considerati esteticamente più gradevoli ricevono un trattamento preferenziale riguardo ai fondi per la conservazione, a scapito di quelli ritenuti meno belli. I dati indicano che circa il 94% delle specie in via di estinzione non riceve alcun supporto, mentre le risorse sono allocate principalmente per animali come delfini, elefanti e felini di grandi dimensioni. Questa disparità mette a rischio la salvaguardia di molti ecosistemi e di specie fondamentali, come gli anfibi, che pur essendo essenziali per l’ambiente, non sono considerati attraenti.
Il concetto di “pretty privilegio” evidenzia come, anche in natura, l’aspetto fisico influenzi significativamente la destinazione dei fondi e l’attenzione mediatica. Animali come panda e tartarughe marine, nonostante siano a rischio di estinzione, vengono utilizzati come simboli di campagne ambientaliste grazie al loro aspetto gradevole. Al contrario, creature come pipistrelli, serpenti e insetti, pur essendo ugualmente minacciati, vengono ignorate sia per il loro aspetto sia per la percezione di pericolo associata. È fondamentale riconoscere che tutte le specie, indipendentemente dalla loro estetica, giocano un ruolo cruciale negli ecosistemi. Pertanto, la discriminazione basata sull’aspetto non dovrebbe distogliere l’attenzione dall’importanza della conservazione dell’ambiente e dalle necessità di tutte le creature viventi.