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martedì, 3 Dicembre, 2024
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Alzheimer, la ricerca sui ricordi supporta la scienza: lo studio

Un importante studio ha messo in luce il ruolo della corteccia entorinale laterale del cervello nella memoria episodica e nella lotta contro l’Alzheimer. Attraverso un modello sperimentale, i ricercatori Francesca Tozzi e Stefano Guglielmo della Scuola Normale Superiore di Pisa, in collaborazione con l’Istituto di neuroscienze del CNR e la Vrije Universiteit di Amsterdam, hanno dimostrato che la formazione dei ricordi è associata all’aumento del numero di neuroni attivi in quest’area cerebrale. Hanno verificato che questi stessi neuroni si riattivano durante il recupero di ricordi specifici; al contrario, inibire la loro attività compromette la capacità di richiamare tali memorie.

Il lavoro, pubblicato sulla rivista ‘Cell Reports’, ha evidenziato come l’inibizione dei neuroni della corteccia entorinale laterale riduce le prestazioni nella memoria episodica, mentre la loro stimolazione favorisce significativamente il richiamo di esperienze vissute. Comprendere i meccanismi neurobiologici alla base di questo processo offrirà nuove opportunità per affrontare le patologie legate al deterioramento cognitivo, come l’Alzheimer. La memoria episodica è essenziale, poiché consente di creare e recuperare ricordi complessi riguardanti eventi passati, inclusi dettagli su cosa è accaduto, quando e dove.

Nicola Origlia del CNR-In, coordinatore del gruppo di ricerca, ha sottolineato che i risultati dimostrano l’importanza della corteccia entorinale laterale nei circuiti cerebrali responsabili della memoria personale. Il deterioramento della memoria episodica è uno dei primi indicatori delle malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, e spesso si accompagna a modifiche nella funzionalità di questa area cerebrale. Approfondire la conoscenza dei processi neurobiologici coinvolti nella formazione e nel recupero dei ricordi potrebbe rivelarsi fondamentale per sviluppare strategie in grado di contrastare l’insorgenza di tali malattie, migliorando così la salute cognitive delle persone. La ricerca rappresenta un passo significativo verso una migliore comprensione e gestione delle condizioni neurodegenerative, con l’auspicio di apportare benefici concreti a lungo termine nelle cure per l’Alzheimer e altre patologie simili.

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