Il Ddl Franceschini, che propone di attribuire ai figli solo il cognome della madre, inverte la situazione preesistente alla sentenza 131 della Corte costituzionale, che sanciva l’attribuzione del cognome paterno. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, afferma che il ddl potrebbe essere soggetto a critiche e impugnazioni per illegittimità costituzionale se dovesse arrivare in Aula. Mirabelli sottolinea che le diseguaglianze non si risolvono capovolgendole e introducendone altre. Considera il ddl più simbolico che realmente orientato a raggiungere il suo obiettivo, dato che cerca di promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne.
La Corte ha chiarito che il cognome “collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status filiationis” e deve riflettere l’uguaglianza e la dignità dei genitori. Pertanto, qualsiasi accordo tra i genitori per dare un solo cognome dovrebbe garantire la parità; senza di essa, non ci sono le basi per un vero accordo.
La sentenza 131 della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 262 primo comma del Codice civile, riguardo all’assegnazione automatica del cognome paterno nel caso di riconoscimento simultaneo da parte di entrambi i genitori. La Corte ha stabilito che, piuttosto che attribuire automaticamente il cognome del padre, i figli dovrebbero ricevere i cognomi di entrambi i genitori secondo un accordo concordato. Questo cambiamento è necessario per garantire la parità e la tutela della dignità di entrambi i genitori.