Il 9 dicembre, in piazza del Municipio a Napoli, è stata installata un’opera d’arte rappresentante una vagina, realizzata dall’attivista Cristina Donati Meyer. Questa installazione aveva lo scopo di promuovere la parità di genere ed era stata posizionata vicino alla scultura “Pulcinella” di Gaetano Pesce, la quale ha suscitato polemiche in passato per il suo riferimento a simboli fallici. La Donati Meyer intendeva quindi fornire una risposta femminile a quest’opera, sotto l’egida di un messaggio di inclusività e uguaglianza.
Tuttavia, l’installazione ha avuto una vita brevissima. Poche ore dopo la sua inaugurazione, essa è stata rimossa dalla polizia perché non autorizzata. Le Forze dell’Ordine hanno agito rapidamente, sottolineando la necessità di permessi per le installazioni pubbliche. L’artefatto, che ha attirato l’attenzione di passanti e turisti, non ha avuto modo di integrarsi nel contesto della piazza, dato che la sua presenza è durata soltanto poche ore.
La Donati Meyer, originaria di Piacenza ma residente a Milano, è un’artista e attivista nota per il suo impegno nella difesa dei diritti femminili, dell’ambiente e degli animali. Si definisce “artivista” e ha già guadagnato notorietà con un murales apparso a Napoli che raffigurava Giorgia Meloni in una posa provocatoria. Questa nuova opera non fa eccezione, rappresentando uno dei tanti tentativi di affrontare argomenti delicati come la disparità di genere attraverso forme artistiche audaci.
A breve, il famoso Pulcinella di Pesce, che occupa già il suo posto in piazza, sarà rimosso il 19 dicembre per dare spazio a un’altra installazione di cui non si conosce ancora il contenuto. La rapida rimozione dell’opera della Donati Meyer mette in luce non solo la volontà di promuovere un messaggio di parità di genere, ma anche le sfide che gli artisti devono affrontare quando operano in spazi pubblici privi di autorizzazioni ufficiali.
In sintesi, l’installazione dell’opera di Cristina Donati Meyer intendeva esprimere un forte messaggio di uguaglianza di genere, ma la sua esistenza effimera mette in evidenza le tensioni tra arte, attivismo e normative pubbliche.